Nella lettera del 17 giugno 1900 Ettore racconta alla moglie, che si trova a Salsomaggiore per un periodo di cure, un sogno allucinato in cui egli la vede morta in una bara. L’immagine onirica, che evidentemente dà corpo alla paura di Svevo di perdere la donna che ama, sembra anticipare il sogno che costituisce il centro narrativo della novella Vino generoso e si inscrive perfettamente nel nucleo delle lettere di questo periodo il cui motivo di fondo è la gelosia. La possessività di Svevo nei confronti della giovane e bella moglie, ma anche la riflessione dello scrittore su questa stessa gelosia nel quadro di un rapporto d’amore e in quello generale dei rapporti fra i sessi dentro e fuori l’istituzione matrimoniale, è al centro di questa lettera straordinaria e dello stesso romanzo Senilità. In esso, analogamente alla lettera, il protagonista si propone di educare la sua donna alla pienezza di una «libera unione socialista» restando tuttavia vittima dei suoi sentimenti incontrollabili. Oltre che di molte missive, il tema della gelosia è anche il leit motiv del cosiddetto Diario per la fidanzata e, sul versante della prosa d’arte, di diverse pagine romanzesche e drammaturgiche fra cui la commedia Un marito.
Trieste, li 17 Giugno 1900
Mia cara mia buona mia dolce Bionda, Mi levo ora dal letto riposatissimo dal sonno lungo. Ho sognato ch’eri morta e messa in bara sul mio letto. Non hai idea la felicità che provai questa mane trovando il bel sole e la convinzione, la certezza ch’eri bensì a Salsomaggiore ma viva. Il sogno deve essere stato brevissimo. Proprio un attimo. La bara era oscura e tu dentro tutta luminosa.
Nella stanza non v’erano altri che tu morta immobile, gli occhi chiusi e la bocca stretta con un’espressione di ostinazione, tua madre che correva su e giù (neppure in sogno essa sa stare ferma) a portare fiori per addobbarti ed io pensieroso a studiare la tua fisionomia nella quale trovavo un’espressione marcata di rimprovero, io credo in verità un rimprovero perché nella vita che tu m’avevi affidata non avevo saputo mettere abbastanza gioia.
Tua madre lavorava con quella sua fretta come in ufficio. Non era mai stanca di distribuire intorno alla tua persona composta i tuoi capelli lunghi come un fiume di oro. Io pensavo: A che scopo? Essa invece gioiva di te come se tu ancora fossi viva. Mi svegliai tutto lieto di ritrovare la convinzione, la speranza, di poter morire prima di te. Sono ora pieno di una dolce commozione e del desiderio di fartela sentire. Sono solo in casa e il pomeriggio sarà tutto dedicato al rapporto della posta. Non volli uscire quantunque domenica solo per poter scriverti. Io credo d’averti già pensata morta altre volte. Sai come il pensiero della morte mi accompagni sempre. Mai però con un’evidenza simile. Gioisco ora del sogno come di ogni cosa che mi fa sentire meglio la gioia di possederti. Legittimamente possederti, ma onestamente? È evidente che io non avrei dovuto sposarti. Oggi precisamente che mi sento tanto vicino a te moralmente comprendo come questo resto di gioventù che potei dedicarti non sia fatto per una simile intensità di sentimento. Nei primi giorni della tua assenza rifacevo l’antico desiderio di prenderti al tuo ritorno, coricarmi vicino a te e magari esaurirvi ogni forza, tutta la vita. Invece oggi vorrei averti vicina a me, prenderti una mano e lasciarti dormire sempre tenendoti la mano e augurandoti con un augurio intenso che possa giovare che tu dorma che tu riposi che tu infine guarisca. Penso con Tolstoi (anche lui arrivò a questa convinzione da vecchio) che i rapporti più facili sieno quelli fra fratello e sorella. Confessa che almeno per un buon fratello a me non mancherebbe nessuna buona qualità. Tu non sai come io sarei capace di molti sacrifici per risparmiarti un dolore. Non puoi saperlo perché viceversa poi quando nel mio fisico trionfa il marito geloso desidererei fulminarti. È dunque il marito il tuo nemico. Il marito che da una parte non ti dà tutto quello che dovrebbe e dall’altra procura di toglierti la più piccola soddisfazione che potrebbe derivarti dalla tua bellezza. Io sono in complesso un piccolo delinquente nevrotico e me ne sento a volte assai più infelice di quanto puoi credere. Vorrei al tuo ritorno sapermi padroneggiare. Non lo spero, né speralo tu, in fatto di gelosia. Questa frase m’è sfuggita perché era precisamente in quel rapporto che volevo padroneggiarmi. È impossibile. Sono precisamente quelle piccole soddisfazioni che nominai più sopra che per mio e tuo destino debbo toglierti. Ma ricevi invece una mia promessa formale. Io ti tolgo le piccole soddisfazioni della vanità cui la madre di Titina facilmente rinunzia ma io ti prometto formalmente che se nella vita ti si presentasse la possibilità di una grande felicità, di quelle che per una giovine valgono la vita la tranquillità la virtù la coscienza insomma tutto, io saprei in seguito ad una tua confessione esplicita (sai che tutto ammetto fuori che la bugia) fare in modo che questa felicità tu possa procurartela. Mi sembra dopo di averti fatta questa dichiarazione per la quale tu dovresti sentirti più libera di aver la coscienza più tranquilla. In fondo io ti tolgo la facoltà di scherzare con la tua e la mia vita ma non ti proibisco di rinunziare a queste per una cosa che tu concludi valerne la pena. Anzi una tua confessione sarebbe da me accolta come da un padre e studieremmo assieme le circostanze sempre allo scopo di farti soffrire meno che sarebbe possibile. Non una sola stupida parola di rimprovero. I miei abbracci ti sarebbero allora doppiamente antipatici ed io li sopprimerei.
A me pare che cosi e soltanto cosi la n. unione possa essere considerata come una libera unione socialista. Tu resti con me finché ti pare. Non lasciarti impressionare da qualche mia manifestazione di gelosia piccina. Sarà sempre per piccole ragioni. Ti assicuro su quanto ho di più caro che non avresti a subire una sola rampogna per un avviso sincero e franco di una cosa in cui sarebbe impegnata non la tua vanità ma la tua felicità. Io mi tocco la coscienza e so di aver parlato con tutta serietà e dal fondo della mia più vera convinzione. In questo modo e soltanto in questo modo è permesso di tenere per sé una donna giovine come sei tu.
Intanto però ti bacio e abbraccio con l’antico affetto puro ed impuro. Io non credo di aver bisogno di reclamare per me la libertà che concedo a te. Tuo finché lo vorrai.
Ettore