Il museo nasce dalla generosa donazione di Letizia Svevo Fonda Savio, figlia dello scrittore, che affida il prezioso patrimonio di oggetti e carte di proprietà del padre alla Biblioteca Civica del Comune di Trieste, presso la quale esisteva già una “saletta sveviana” in cui erano raccolte risorse bibliografiche riguardanti lo scrittore.
Inoltre la Biblioteca cittadina ha il pregio di essere stata storicamente frequentata da Svevo in gioventù e ricordata nel romanzo Una vita:
Scoperse la biblioteca civica e quei secoli di cultura messi a sua disposizione, gli permisero di risparmiare il suo magro borsellino. Con le sue ore fisse, la biblioteca lo legava, apportava nei suoi studii la regolarità ch’egli desiderava. […] In biblioteca fece poche conoscenze. Entrava nella lunga sala di lettura tutta occupata da tavoli disposti parallelamente, occupava un posto qualunque e per qualche tempo con la testa fra le mani era tanto assorto nella lettura da non vedere neppure chi accanto a lui sedesse. Dopo un’ora al più, la lettura affaticante gli ripugnava, per qualche tempo ancora vi si costringeva e cessava quando la mente più non afferrava la parola che l’occhio vedeva; usciva non appena deposto il libro e dopo quell’ora passata con gl’idealisti tedeschi, gli sembrava sulla via che le cose lo salutassero.
Vi è conservato inoltre il violino su cui Svevo per molti anni ama esercitarsi e col quale si esibisce in alcuni concerti privati come membro di un quartetto e la penna d’oro che Livia gli regala in occasione del loro fidanzamento e che è al centro di un divertente dubbio filologico (una delle ultime commedie di Svevo reca la dicitura “Con la penna d’oro” e rimane aperta la discussione se si tratti del titolo o di una nota sullo strumento usato per scriverla).
Come si vede gli oggetti appartenuti allo scrittore pervenuti al museo sono relativamente pochi perché la gran parte dei beni personali dello scrittore è andata perduta, distrutta nel bombardamento aereo che colpi, il 20 febbraio 1945, la villa e la fabbrica dei Veneziani, qui in una foto dei primi del ‘900, presso la quale Svevo e la moglie avevano abitato. Pochi, per la medesima ragione, sono anche i libri di sua proprietà che ci sono giunti (così che gli studiosi devono spesso affidarsi a congetture per cercare di ricostruire la sua biblioteca).
Fortunatamente, tuttavia, è scampata alla distruzione la parte più preziosa dell’eredità di Svevo: le sue carte. Il Museo Sveviano conserva i manoscritti autografi della maggior parte delle sue opere: novelle, favole, saggi, articoli, teatro, lettere (non i manoscritti dei suoi 3 romanzi che sono andati perduti).
Inoltre si sono salvate le fotografie di famiglia, una preziosissima risorsa che ci mostra lo scrittore nei momenti famigliari e di relax insieme alle persone a lui care e agli amici artisti.